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18/12/2024
“Save Kinostudio! Il Cinema e i mass media come strumento di pace fra Italia e Albania” ha agito con il compito di salvaguardare e approfondire il ruolo di costruttore di pace e di diplomazia culturale avuto dalla cinematografia balcanica e della diplomazia culturale nella prospettiva di una piena e pacifica integrazione europea dell’Albania, fortemente sostenuta dall’Italia e dalla Regione Puglia.
L’idea progettuale è proseguita nel solco inter-adriatico tracciato dai precedenti progetti regionali sull’incontro fra le due sponde dell’Adriatico presentati dalla Fondazione Gramsci di Puglia e sostenuti dalla Regione Puglia che coinvolgono partner albanesi come “Per una rete delle Istituzioni fra Puglia e Albania”, “La Puglia nel centenario dell’ascesa del fascismo”, “Tracce di Resistenza: la Brigata Gramsci in Albania”, “Compagni e Angeli”. Una delle mission del nuovo corso della Fondazione Gramsci di Puglia è proprio quello di approfondire il concetto di “egemonia culturale” tanto caro ad Antonio Gramsci e di attualizzarlo al mondo dei media.
Questo progetto è partito come uno spin off del restauro del film Gjeneral Gramafoni nell’ambito del progetto “Per una rete delle istituzioni fra Puglia e Albania”, un progetto che ha visto la Fondazione menzionata nell’ambito “Premio Angelo Ferro per l’innovazione nell’economia sociale” per i valori culturali e sociali che propugna. Si cerca quindi di proseguire perché l’arte cinematografica è il motore della nuova storiografia.
Con sguardo internazionale ci si sta impegnando per la salvaguardia, il restauro e la rinascita della cinematografia albanese, proponendo attività di restauro che tanto avvicinano questa scuola cinematografica a quella italiana e meridionale, scegliendo dei focus tematici (come la pace o il ruolo dell’Italia e degli italiani) per tentare di salvare sempre più pellicole dell’ingente patrimonio cinematografico della repubblica delle aquile (7000 pellicole in periodo di degrado a causa della sindrome dell’Aceto).
La presente proposta, a fronte di un notevole fabbisogno, è stata utile per consolidare, in ossequio al protocollo d’intesa del settembre 2016 e agli obiettivi condivisi negli incontri tra i vertici della Regione Puglia e le autorità albanesi con l’intento di migliorare i servizi offerti alle comunità trans-adriatiche di fruitori e studiosi nell’ambito della pace e dei media studies.
I rapporti fra Italia e Albania sono spesso raccontati ma sono mai stati analizzati, prima di questo progetto, temi centrali come la cinematografia.
La cinematografia albanese è uno dei fiori all’occhiello poco conosciuto della repubblica delle aquile, basti pensare che i film schipetari negli anni ’70 sono visti da tutti i gruppi marxisti leninisti d’Europa ma hanno grandissima diffusione soprattutto in Cina dove sono visti da più di 60 milioni di persone.
Il neorealismo italiano e la figura dell’italiano sono fondamentali per lo sviluppo di questa cinematografia a noi affine sotto tanti aspetti. Fondazione Gramsci di Puglia
Negli anni ’70, per motivazioni politiche ideologiche, vengono scelti esclusivamente film riguardanti la tematica della mafia e limiti dello stato borghese. Un genere cinematografico che, mentre in Italia ha la funzione di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo tali argomenti, in Albania trasmette l’immagine di un popolo in piena decadenza sconvolto dal crimine (Polovina, 2002). Il cinema albanese ci tiene molto a ricordare il ruolo della resistenza all’invasore fascista ed esalta il ruolo dei partigiani ma i concetti di antifascismo e anti-italiano si sovrappongono nelle pellicole schipetare dove gli italiani sono spesso rappresentati in qualità di antagonisti, spesso come i fascisti occupatori, ritratti con toni ridicoli e canzonatori ed identificati con il termine “breshkamadh”, che potremmo tradurre come ghiotti di tartarughe o semplicemente pigri, termine del lessico albanese utilizzato per caratterizzare gli italiani invasori durante la guerra. La stessa Italia viene definita “breshkamadhe”, patria delle tartarughe. (Saracino, 2021)
Il focus che intendiamo approfondire come italiani è l’assidua presenza della figura dell’italiano all’interno di questa piccola ma interessante. Fin dagli anni ’70, per motivazioni politiche ideologiche, vengono scelti esclusivamente film riguardanti la tematica della mafia e limiti dello stato borghese. Un genere cinematografico che, mentre in Italia ha la funzione di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo tali argomenti, in Albania trasmette l’immagine di un popolo in piena decadenza sconvolto dal crimine (Polovina, 2002). Il cinema albanese ci tiene molto a ricordare il ruolo della resistenza all’invasore fascista ed esalta il ruolo dei partigiani ma i concetti di antifascismo e anti-italiano si sovrappongono nelle pellicole schipetare dove gli italiani sono spesso rappresentati in qualità di antagonisti, spesso come i fascisti occupatori, ritratti con toni ridicoli e canzonatori ed identificati con il termine “breshkamadh”, che potremmo tradurre come ghiotti di tartarughe o semplicemente pigri, termine del lessico albanese utilizzato per caratterizzare gli italiani invasori durante la guerra. La stessa Italia viene definita “breshkamadhe”, patria delle tartarughe. (Saracino, 2021) Trattasi di una strana stigmatizzazione ispirata a chissà quale episodio, diventato poi una leggenda metropolitana. Nel film del 1961 “Debatik” di Hysen Hakani, ad esempio, all’interno del quale il personaggio italiano esclama la seguente espressione: “Tartaruga, Dio buono!”.
L’apice della stereotipizzazione la si trova nel film “Furtuna-La Tempesta” di Kristaq Dhamo datato 1959, un’opera intrisa di retorica comunista dove gli italiani sono descritti come idioti e incoscienti mentre affrontano dei partigiani albanesi ballando al suono di una canzonetta.
Un sentimento “anti-italiano” che ritroviamo in diverse opere per tutto il periodo di attività del Kinostudio durante il regime ma con differenti sfumature. Grazie all’ausilio dell’Arkivi Qendror Shteteror Filmit di Tirana si è riusciti ad ottenere l’elenco delle pellicole prodotte negli anni Settanta in Albania dove i personaggi che interpretano italiani hanno un ruolo centrale.
Il film restaurato: “Lulekuqet Mbi Mure”- Fiori al di là dei muri – di Dhimitër Anagnosti datato 1976, film ambientato durante la lotta partigiana, pellicola scelta per il restauro, gli italiani sono raffigurati come i fascisti occupanti.
Una genesi particolare è quella rappresentata dall’opera cinematografica “Njeriu me top” – Uomo con un Cannone – del 1978, tratta da un romanzo di Dritëro Agolli pubblicato nel 1975, in una delle fasi più buie del rapporto fra Italia e Albania. Il personaggio principale si chiama Agostino, un soldato italiano che dopo il 1943 viene affidato dai partigiani a una famiglia albanese che lo salva dai tedeschi. Quindi, nonostante il periodo non idilliaco fra i due paesi, l’accezione negativa del passato sembra affievolirsi, confermando la tesi di come la produzione di Agolli talvolta si distanzi dalle scelte politiche del regime, pur essendo parte integrante dell’establishment e presidente della Lega degli Scrittori. In questa circostanza, per la prima volta nella cinematografia albanese, si smette di demonizzare la figura dell’italiano ponendo fine all’equazione italiano uguale nemico fascista. Fondazione Gramsci di Puglia
Inoltre bisogna tener conto che, a differenza dei nazisti che vengono delineati come spietati e terribili, i personaggi italiani sono più che altro parodiati (Halili, 2013).
Questo episodio di “distensione cinematografica” è un’eccezione visto che nel 1978 Victor Gjika, già regista di Njeriu me top, in Gjeneral Gramafoni – film ambientato nelle fasi precedenti l’occupazione fascistaidentifica il personaggio italiano come strumento spietato del sistema capitalista capace persino di “vendere” la musica di un giovane capitalista capace persino di “vendere” la musica di un giovane clarinettista albanese raccontando cosa succede a un popolo pre-moderno e tradizionale quando si trova a un incrocio violento con la logica dell’ordine capitalista della lenta conquista italiana (Bejko, 2012).
Sempre in chiave anti-italiana può essere intepretato il film per la televisione del 1980 “Plumba mbi Perandorin” – Proiettili contro l’imperatore diretto da Mevlan Shanaj, un biopic incentrato interamente sulla figura di Vasil Laçi. Il giovane, giunto a Tirana dal sud dell’Albania alla ricerca di una vita migliore, vede svanire la sua speranza a causa dell’uccisione del fratello da parte dei fascisti ma il giovane antifascista spinto dall’odio contro spara contro l’imperatore Vittorio Emanuele III, in visita a Tirana nel 1941 (Storia del Partito del Lavoro d’Albania, 1971).
Victor Laçi diventa così un personaggio cruciale per la liturgia laica della narrazione comunista, omaggiato con il titolo di Hero i Popullit të Shqipërisë, diventando il simbolo della rivolta antitaliana, onorato anche da
un libro “agio- grafico” (Elsie, 2010) e da un monumento in bronzo creato da uno degli artisti più famosi del regime, Kristaq Rama con la seguente targa commemorativa: “L’assassinio del ragazzo albanese, ucciso da
Vittorio Emanuele III sulla strada di Durazzo, fu l’inizio di una grande rivolta che stava preparando”.
Nel triangolo letteratura-cinema-rapporti italoalbanesi non si possono non citare le tre trasposizioni cinematografiche de “Il Generale dell’Armata Morta” tratte dal libro di Ismail Kadare, dove i protagonisti sono un generale e un prete con il compito di recuperare i resti dei soldati italiani caduti nella campagna d’Albania. Il romanzo, considerato una delle pietre miliari della letteratura albanese, diventa nel 1975 un lungometraggio diretto dal regista Vladimir Prifti.
La consapevolezza dell’assenza di un polo di salvaguardia, di restauro e di digitalizzazione delle pellicole nel Mezzogiorno e nell’area di lingua albanese fa comprendere come sia importante creare un centro che possa svolgere questo compito non entrando in competizione con le realtà già presenti ma creando un’alternativa che possa liberare tali realtà dall’ingorgo di lavoro figlio di una “fame di digitalizzazione” e restauro in atto negli ultimi anni per via delle nuove attenzioni nei confronti dei Media Studies.
Salvare un film per salvare un’idea di cinema, con le proiezioni di una pellicola salvata e il giro dei film si riusciranno a trovare investitori per successivi restauri ma soprattutto con la partecipazione a premi vari si riuscirà a far uscire questo cinema fatto di dettagli artigianali e trovate egregie all’occhio del pubblico italiano ed europeo.
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